L’obiettivo è stato chiaro sin dal primo minuto: creare un Parco Scientifico Tecnologico (PST) tra Como e Milano, con l’obiettivo di realizzare in pochi anni un polo d’eccellenza di rifermento per l’Insubria e la Lombardia.
Così nel 2010 ha preso vita ComoNExT a Lomazzo, sostenuto da un investimento da 19 milioni, l’ambizione di favorire le imprese più avanzate e fare da incubatore per start-up legate al mondo dell’innovazione.
Abbiamo incontrato Stefano Poretta, direttore di ComoNExT e ci siamo fatti spiegare qual è il mood che sta alla base di questo progetto. Ecco cosa ci ha raccontato.
USARE BENE LE RISORSE
Stefano Poretta ci riceve nel suo ufficio, all’ingresso del Parco Scientifico di Lomazzo dove oggi si sono trasferite già 70 aziende, 20 delle quali sono start-up selezionate, per un totale di circa 400 persone coinvolte e supportate dallo staff tecnico di ComoNExT.
Il primo punto di forza di quella che appare come una delle migliori realtà aggregative nazionali, è da ricercare nella decisione di non frammentare le (poche) risorse disponibili tra gli enti, ma strutturare un piano economico focalizzato, concentrando su un unico progetto i fondi a disposizione.
Una premessa, questa, che a tre anni di distanza si è rivelata vincente, insieme ad altre, come ad esempio quella di affidare lo sviluppo del Parco Scientifico ad una figura super-profilata qual è appunto Stefano Poretta, che coordina un efficiente staff tecnico di cinque elementi, tutti giovani e motivati.
IL PARCO SCIENTIFICO TECNOLOGICO
Ma cos’è un PST? Lo scopo è di promuovere la cultura dell’innovazione, la competitività delle aziende sul territorio e lo sviluppo economico delle comunità. A Lomazzo questi obiettivi devono essere raggiunti con la creazione di nuove aziende e attraverso l’aumento di valore delle realtà imprenditoriali presenti nel tessuto economico locale, avviandole all’utilizzo delle nuove tecnologie. Inoltre, attraverso progetti di start-up, il Parco svolge attività di incubazione di progetti innovativi, fornendo servizi, supporto tecnico e fondi.
PROGETTO LOMAZZO
“Siamo partiti con una certa tremarella nel 2006 – confessa Poretta con una punta di ironia -, acquisendo gli spazio dell’ex Cotonificio Somaini. Avevamo un paio di obiettivi, tre in verità: il primo, riempire di aziende con contratti di servizi e costruire così il primo e vero zoccolo duro; il secondo, evitare di dare vita ad un centro direzionale, non volevamo cioè solo affittare, ma offrire alle aziende tool estremamente qualificate; infine, individuare nuove tecnologie anche costose che fossero potenzialmente utili a molte realtà imprenditoriali”.
La prima azienda ha fatto ingresso nel 2010. Da allora ne sono seguite molte altre, tutte attratte dalla possibilità di trovare spazi organizzati, un contesto stimolate, la possibilità di attivare un confronto continuo e, non da ultimo, l’opportunità di sfruttare la gamma di servizi e contatti che lo staff tecnico del Parco mette a disposizione. Insomma, l’habitat migliore per dare soddisfazione ad ogni esigenza e ambizione. Oggi quelle presenti nel Parco sono per lo più aziende di piccole-medie dimensioni, tutte selezionate e in possesso di un elevato contenuto innovativo, attratte anche dalla componente logistica messa in campo, collocato ad un passo dalla stazione ferroviaria, vicinissimo all’Aeroporto di Malpensa e in prossimità della Pedemontana. Una condizione super-favorevole che sta richiamando realtà straniere, interessate ad insediarsi a Lomazzo in un contesto stimolante. A loro, il Parco offre – a pagamento – moduli da 60 a 200 metri quadrati strutturati su tre piani e di servizi moderni ed efficienti.
INCUBTORE DI START-UP
Il fiore all’occhiello del progetto coordinato da Poretta, è senza dubbio l’incubatore di nuove idee che qui cercano le condizioni ideali per nascere, maturare ed evolvere al rango di impresa perfettamente autosufficiente.
“Al Parco – puntualizza il direttore – abbiamo messo a punto metodi concreti per per stimolare nuove opportunità, mischiando settori diversi tra loro e dare spazio a quel sogno nel cassetto che molti imprenditori hanno, ma che per vari motivi non riescono ad uscire. Non è un caso se il 20% del tempo speso dallo staff tecnico è impiegato per conoscere e confrontarsi, capire e sviluppare progetti, stimolare la sinergia e aprire i contatti adeguati seguendo i canali più opportuni”.
Ogni anno ComoNExT propone due bandi per selezionare le idee più innovative da “incubare”. Dopo una prima selezione che porta a 15 il numero delle potenziali start-up, una commissione qualificata filtra solo le 4-5 migliori che vengono ammesse al programma.
A loro spetta uno spazio all’interno del Parco per un periodo di tre anni, il supporto dello staff tecnico, l’accesso ai servizi e alle preziose entrature di ComoNExT per raggiungere il livello di autonomia, per un valore di circa 50mila euro annui (150mila totali). A questi poi si aggiunge tutto il lavoro di fundraising necessario per far decollare le start-up.
LE RAGIONI DEL SUCCESSO
La chiacchierata con Poretta ci fa intuire come le condizioni ottenute da ComoNExT per raggiungere il livello ottenuto oggi, siano sì replicabili, ma solo se supportate da un’adeguata dose di volontà e di circostanze favorevoli.
Quando gli chiediamo di definire gli “ingredienti” necessari per portare altrove l’esperienza vincente del Parco, Poretta non ha esitazioni nel presentarci la ricetta: “Per prima cosa serve un cappello istituzionale autorevole e con una visione rivoluzionaria. Secondo, la presenza di uno staff tecnico snello, collaudato e capace, con un know-how di alto profilo. Terzo, è fondamentale allacciare solidi rapporti con le università e i centri di ricerca. Non ultimo, la collocazione geografica favorevole. E poi, avere una governance unica che dia spazio e sia sempre ben allineata sugli obiettivi”.
E poi – ma lo diciamo noi – c’è la figura del direttore, Stefano Poretta che giunge a ComoNExT con alle spalle con un percorso professionale di notevole peso. Ha lavorato per 10 anni al Cesi, il Centro elettrotecnico sperimentale italiano, svolgendo per lo più attività di laboratorio e di management, passando poi in aziende multinazionali private.
A tre anni da suo avvio, ComoNExT ha un fatturato di circa 1,3 milioni (600mila recuperati dall’affitto delle unità operative e 700mila dalla vendita di servizi) e conta di raggiungere il proprio punto di break-even il prossimo anno.
RETE DI SAPERE
A guardare ComoNExT sorge subito una domanda: in Valtellina questo progetto avrebbe potuto avere il medesimo successo? Al di là delle valutazioni d i merito – i requisiti li ha ben indicati Poretta nel punto precedente -, forse più che pensare a replicare una tale iniziativa sul nostro territorio alpino, bisognerebbe puntare a come mettere in rete il tessuto innovativo che in Valtellina e Valchiavenna esiste ed è anche ben rappresentato, con i centri qualificati dell’Insubria come il Parco.
Uno passo concreto, che da un lato permetterebbe di calvalcare i risultati e i contatti già consolidati da parte delle esperienze esistenti, e dall’altro fornirebbe una via di accesso preferenziale verso tutto ciò che ruota all’esterno della “valle”.